A. E. M. O.

Accademia Europea di Medicina Osteopatica

Paetner dell'Università Federico II di Napoli

Partocinata Dall' ASL Napoli 1


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PRESENTAZIONE

E’ risaputo che fare attività motoria fa bene al corpo ed alla mente, l’importante, però, è che ci si adoperi per svolgerla correttamente ed in tutta sicurezza. Quante volte vi siete ritrovati immutati, peggiorati, o gravemente infortunati, dopo anni di duro lavoro in palestra?
Spesso viene trascurato che allenarsi male, o comunque in modo dissimile dal giusto, è causa di malanni fisici più che non allenarsi affatto.
A ciò deve aggiungersi che la sola attività fisica risulta essere fine a se stessa, in quanto, poco può fare senza che ad essa venga, comunque, affiancato un corretto e sano stile di vita (alimentazione, fumo, alcool, ecc.).
Ed è proprio qui che assume particolare rilievo la figura del personal trainer, che alla luce di quanto detto si è, negli ultimi tempi, evoluta in quella del life coach. Programmi bilanciati, elaborati alla luce di una completa analisi compartimentale (comprendente test muscolari, articolari, funzionali, posturali, e metabolici), educazione ad un sano stile di vita (alimentazione ecc...), interazione con medici e specialisti, scrupolosità, professionalità, ed una metodica vincente, fanno dell’assistenza del personal trainer un fattore indispensabile per chi voglia raggiungere, e mantenere, determinati obbiettivi nel minor tempo possibile ed in assoluta sicurezza.

Newsletter Dicembre 2007 ALLENARE I GLUTEI

Cominciamo con il ribadire che i glutei non sono 2, ma 6 (considerando DX e SX):
1. grande gluteo (estensore della coscia)
2. medio gluteo (abduttore e rotatore interno della coscia)
3. piccolo gluteo (abduttore e rotatore interno della coscia)
Considerate le azioni muscolari, tenendo presente che sono da evitare i movimenti che limitano, o peggio impediscono, il naturale basculamento del sacro (gluteous machine, abductor machine, ecc.), onde scongiurare risentimenti lombosciatalgici, gli esercizzi possono considerarsi equipollenti. E' importante, invece, mettere i glutei in condizione di lavorare effettivamente, e quindi predisporre una fase preparatoria tendente ad allungare (solo quando necessario) i muscoli antagonisti (che oppongono resistenza) dei glutei. Qui la cosa è semplice: Bisogna allungare i flessori della coscia, gli extraruotatori, e gli adduttori della coscia. Quindi:
A. ileo-psoas (grande e piccolo)
B. sartorio e bicipite femorale
C. pettineo e adduttori (lunghi, brevi, e grandi)
Solo dopo aver fatto si che questi non si oppongano troppo al naturale movimento dei glutei, è possibile procedere ad un work-out mirato in tutta sicurezza, e, soprattutto con un reale profitto in termini di trofismo e funzionalità muscolare.
Concludo dando avvisaglia che un errato allenamento dei glutei, risultante da un' inesatta metodica, e da una poco oculata scelta degli esercizi, potrebbe cagionare scompensi posturali e traumi rachideo-articolari di non poca rilevanza. Teniate in considerazione quanto detto, e affidatevi solo a personale realmente qualificato.

Francesco Barbato

Per ulteriori informazioni ed approfondimenti non esitate a contattarmi - mailto:info@thepersonaltrainer.it

PUBBLICAZIONI :

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martedì 27 novembre 2007

Antropometria

L’esame plicometrico
L’esatto utilizzo delle informazioni antropometriche – di Francesco Barbato

Le indagini antropometriche rivestono un’importanza fondamentale per individuare il somatotipo su cui agire. Peso, altezza, circonferenze, diametri ossei, e plicometria, rappresentano un modo facile e alquanto preciso per pianificare un programma equilibrato. L’esatta esecuzione dell’esame plicometrico, in particolare, rappresenta un giusto iter per avere informazioni riguardo:

· Densità corporea
· % di grasso corporeo (FM)
· Rischi patologici
· Controllo degli obiettivi

1. Tecnica e mezzi: E’ fondamentale, un corretto utilizzo del plicometro (noti sono quelli di Holtain, di Tanner-Whitehouse, di Harpender e Lange), l’individuazione dei punti di “repere”, e il discernimento del tessuto adiposo da quello muscolare e dall’eventuale sovrapresenza d’acqua, presa delle “pliche”.
Il grasso corporeo è distribuito in 3 diverse sedi:
1. sottocutaneo
2. profondo o viscerale
3. strutturale.

Quest’ultimo rappresenta una proporzione fissa e molto modesta, mentre la quantità e la proporzione tra i primi due depositi varia in funzione dell’ l’età, sesso, etnia, e stato di forma fisica (atleti o sedentari).
Lo spessore del pannicolo adiposo sottocutaneo (plica), consente di stimare la % di FM totale. Si risalirà al valore di densità corporea utilizzando particolari equazioni

Sinteticamente i plicometri in commercio si dividono in:

1. Digitale
2. Meccanico
3. Manuale

Considerando che le informazioni ricavabili sono le medesime, che i primi 2 sono soggetti a taratura, e che sono particolarmente delicati, è consigliato l’uso di un plicometro manuale

I plicometri sono costituiti da una molla calibrata la cui estensione o compressione determina lo spostamento di un indice su una scala millimetrata, proporzionalmente allo spostamento delle branche del calibro che esercitano una pressione costante sulla plica (10 g/mm2).

La plica va presa tra indice e pollice. La lettura (in mm) va effettuata dopo 3’’ senza aver lasciato la presa.Ripetere la misura 2 volte (con almeno 2’ di intervallo) e poi mediare. Se le due misurazioni variano + del 10% occorre eseguirne una terza.

Poiché possono esserci differenze tra i due lati del corpo, gli esperti consigliano di misurare le pliche da entrambi i lati, oppure ripetere la misurazione sul lato non dominante. Il soggetto deve essere rilassato, in posizione eretta, e con le braccia distese lungo il corpo.

2. La pratica: Attraverso il controllo della Fat Mass è possibile determinare i cambiamenti che avvengono nel tessuto muscolare, e conoscendo la % di FM è deducibile la % di massa magra (ossa, organi, ecc. – variabili costanti, e muscoli). Dato che il tessuto muscolare può aumentare o diminuire, secondo dieta, attività, esercizio, e stile di vita, appare evidente che conoscere la % di FM è fondamentale per stabilire quali cambiamenti nelle abitudini del soggetto siano più efficaci nel condurlo verso uno stato di forma migliore.

Punti di repere:
Plica addominale
E’ misurata verticalmente; 2 cm a lato dall'ombelico

Plica della coscia
E’ misurata verticalmente; sulla linea mediana anteriore della coscia, a metà strada tra il bordo superiore della rotula e l'inguine

Plica del petto
E’ misurata diagonalmente; a 1/2 strada (1/3 donna) tra la linea ascellare anteriore e il capezzolo

Plica soprailiaca
E’ misurata diagonalmente (30°), immediatamente sopra alla cresta iliaca

Plica del Tricipite
E’ misurata verticalmente, nel punto intermedio tra l'articolazione della spalla e del gomito (tra l'acromion e l'olecranon). Studi hanno dimostrato che questa e legata all’incidenza della pressione arteriosa

Plica ascellare
E’ misurata verticalmente, sulla linea medioascellare (sotto il cavo ascellare) a livello del capezzolo. Vi è una probabile correlazione con le patologie tiroidee, e con una ipersensibilità al cortisolo (antagonista dell’insulina)

Plica sottoscapolare
E’ misurata diagonalmente (45°) ad 1 - 2 cm sotto l'angolo inferiore della scapola.. Sembrerebbe correlata alla sensibilità all’insulina (che aumenta con lo spessore della plica), ed all’ipertensione

Questi rappresentano i più comuni, punti di repere. Ve ne sono altri che rivestono, comunque, una certa importanza:

  • Plica dell’avambraccio: va presa a metà strada tra l’angolo mediale del gomito ed il polso
  • Plica del polpaccio: va presa tra i due gemelli. Questa plica sembrerebbe correlata all’ormone della crescita

3. Utilizzo delle informazioni: Quelle maggiormente utili riguardano: densità corporea, e %, approssimativa, di FM. Tali notizie si ottengono immettendo la SUM delle pliche in equazioni (Jackson & Pollock, Katch, McArdle, etc.). Per convenzione (in quanto maggiormente usate) utilizzeremo le equazioni di Jackson & Pollock, con 7 pliche e poi con 3.

SUM di 7 pliche – UOMO
Densità corporea = 1.112- (0.00043499 X SUM7) + (0.00000055 X (SUM7) - (0.00028826 X età) SUM7 = torace + addome + coscia + ascellare + soprailiaca + sottoscapolare + tricipite

% FM = (495/Densità corporea) - 450

SUM di 7 pliche – DONNA
Densità corporea = 1.097 - (0.00046971 X SUM7) + (0.00000056 X SUM7 ) - (0.00012828 X età) SUM7 = torace + addome + coscia + ascellare + soprailiaca + sottoscapolare + tricipite

% FM = (495/Densità corporea) - 450

SUM di 3 pliche – UOMO
Densità corporea = 1.10938 - (0.0008267 X SUM3) + (0.0000016 X SUM3 ) - (0.0002574 X età) SUM3 = torace + addome + coscia

% FM = (495/Densità corporea) - 450

SUM di 3 pliche – DONNA
Densità corporea = 1.0994921 - (0.0009929 X SUM3) + (0.0000023 X SUM3 ) - (0.0001392
X età) SUM3 = tricipite + soprailiaca + coscia

% FM = (495/Densità corporea) - 450

Queste equazioni rappresentano solo un iter iniziale. Bisogna, infatti, tener conto oltre che del sesso, anche dell’età e dell’etnia di appartenenza.

4. Errori: Ne distinguiamo, principalmente, 3 tipologie riconducibili alla pratica:

A. Soggettivo (abilità dell’operatore)
B. Oggettivo (legati al soggetto)
C. Di mezzo (tipo di calibro adoperato)

A. Più un soggetto è grasso e più la rilevazione diviene difficile; infatti negli individui obesi e in quelli molto muscolosi il tessuto adiposo sottocutaneo non si separa facilmente dal muscolo sottostante. Inoltre negli obesi lo spessore delle pliche eccede la massima apertura del calibro. L’unica alternativa è di scegliere siti dove il tessuto adiposo sottocutaneo è minimo

B. Non bisogna effettuare la misurazione dopo un allenamento, una sauna, una doccia, poiché: esercizio fisico, acqua calda e calore producono iperemia (aumento flusso ematico) nella pelle con conseguente aumento dello spessore cutaneo.

C. E’ importante utilizzare il medesimo calibro per le misure ripetute sullo stesso soggetto

Un altro errore può essere quello di sovrastimare la % di FM del soggetto. Al riguardo bisogna tener conto della % FM minima (grasso primario). Per soggetti maschili gli studiosi concordano che la % minima di FM non deve essere inferiore al 3-5% (per garantire le normali funzioni fisiologiche e metaboliche).
Non ben stabilito quello per i soggetti femminili, Lohman (1992) suggerisce valori del 12-16%.
A livelli inferiori alcune donne diventano amenorreiche (<3>osteoporosi . Nonostante l’attività fisica sia positivamente associata al contenuto minerale osseo, le donne amenorreiche tendono ad avere un minor contenuto minerale rispetto alle donne eumenorroiche e alle donne sedentarie.
Nella popolazione sportiva la prevalenza di amenorrea è più alta (da 3,4% a 6,6%) rispetto alla popolazione generale (2%-5%). Questo fenomeno è correlato non solo al peso e alla FM ma anche a fattori quali menarca ritardato, disordini alimentari, intensità di allenamento e stress psicologici.

Pubblicato su "LA PALESTRA" - http://www.lapalestra.net

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lunedì 26 novembre 2007

Pilates

Le applicazioni del “Pilates”
Conoscere per praticare – di Francesco Barbato

Conoscere, per poi eventualmente saper applicare il giusto insegnamento, è molto semplice, basta ricercare i motivi, le possibili applicazioni, o meglio, le necessità che hanno portato alla creazione di quel programma. E’ chiaro che bisogna partire dall’analizzare la vita dell’ideatore allo scopo di carpirne le intenzioni ed i ragionamenti... Oggi si parla di J.H.Pilates.

1. LA STORIA: Joseph Hubertus Pilates nacque nel 1880 in Germania, nei pressi di Düsseldorf. Inizialmente era un ragazzo di struttura fisica piuttosto esile, e, timoroso della possibilità di contrarre la tubercolosi, si dedicò duramente alla pratica della cultura fisica (concetto molto diverso da quello conosciuto oggi come body building) tanto che all’età di 14 anni iniziò a posare per la realizzazione delle tavole anatomiche. I concetti chiave dell’anatomia, lo sviluppo muscolare, l’interesse per le discipline orientali, divennero così oggetto di studio e parte integrante della sua adolescenza. Nel 1912 si trasferì in Inghilterra dove intraprese la carriera di istruttore per la scuola di polizia locale. Quando scoppiò la Prima Guerra Mondiale, fu internato per un anno. Durante questo periodo non si perse d’animo ed organizzò l’allenamento proprio e dei suoi compagni di prigionia, ampliando in tal modo i concetti da lui studiati.Fu motivo di orgoglio, a dimostrazione dell’efficacia del suo metodo, il fatto che nel 1918 un’influenza epidemica, diffusasi in Inghilterra, uccise migliaia di persone ma nessuno di coloro che si sottoposero al suo training fisico contrasse tale
morbo (il lavoro organico ottenuto con un corretto allenamento va ben oltre il risultato estetico). Trasferito sull’Isola di Man, trovò una realtà completamente differente da quella che aveva precedentemente vissuto nel Lancaster (luogo in cui fu recluso il primo anno di guerra): soldati reduci dalla battaglia menomati dalle ferite, costretti a letto dalle malattie, immobilizzati da tempo e psicologicamente demoralizzati .Decise così di darsi da fare a costruire macchinari, di cui alcuni sono ancora in uso tutt’oggi, che potessero servire alla riabilitazione di quelle persone. Giunto a New York, J.H.Pilates aprì uno studio, nello stesso edificio dove risiedeva il New York City Ballet, e cominciò a codificare la sua tecnica; la prima parte era incentrata esclusivamente sul Mat Work, ovvero una serie di esercizi eseguiti a corpo libero su di un materassino ("mat").

Al momento il “MAT WORK” è il metodo più diffuso, in quanto semplice da applicare, da comprendere e da eseguire. L’assenza di attrezzi e di macchinari lo rende adatto a tutti senza particolari controindicazioni. Unico limite è la ridotta personalizzazione. E’ particolarmente adatto ad i corsi collettivi

Questo programma venne disciplinato in un libro chiamato Return to life through Contrology. Il lavoro in seguito si estese al perfezionamento di particolari attrezzi. Ai tempi della sua prigionia in Inghilterra, infatti, J.H.Pilates applicò delle molle alle brande dei pazienti con lo scopo di aiutarli a ritrovare e mantenere il tono muscolare, mentre erano ancora costretti a letto.
Come risultato nacque la “Cadillac” o Rehabilitation Table l’attrezzo che a tutt’oggi è parte centrale del metodo. J.H.Pilates morì attorno agli anni Sessanta; il suo studio di New York fu rilevato da Romana Kryzanowska, allieva di J.H. Pilates.
Joseph Pilates morì senza aver dato il suo placit ad un programma di certificazione della sua tecnica.

J. H. P. realizzò la sua “macchina” considerando il fatto che taluni muscoli, nonostante necessitino, in alcuni casi, di essere fortificati, evitando un lavoro concentrico, ed allontanando così la possibilità di un eventuale e dannoso accorciamento, presentino la necessità di essere allenati staticamente (e non isometricamente, in quanto non prese in considerazione lo sforzo massimale)

Da ciò, con il tempo, sono andate sviluppandosi numerose scuole che insegnano tale disciplina e che hanno contribuito alla sua evoluzione, prendendo anche strade diverse.
Ad esempio i programmi "Pilates with the Tender Ball", esercizi a corpo libero che si avvalgono dell'ausilio di una sfera morbida di circa 20 cm di diametro, e “Pilates with swiss ball”, tecnica che si avvale dell’ausilio di una sfera di gomma molto più grande.

L’excursus vitae ora descritto ritrae un “uomo come tanti” la cui vita ha dedicato allo studio ed al benessere proprio e degli altri, ed appunto questa caratteristica ne ha fatto un “uomo fuori dal comune”.
Conoscere la storia di Joseph Hubertus Pilates è importante al fine di comprendere al meglio quelle che erano le sue idee ed applicarle secondo quelli che erano i canoni del Contrology.

2. LE APPLICAZIONI: I campi d’applicazione del Contrology, o metodo Pilates, variano dal puro mantenimento del benessere fisico al campo specifico della riabilitazione ortopedica, del recupero funzionale e posturale, nonché al miglioramento della forma fisica e quindi al puro e non meno importante elemento estetico.E’ chiaro che l’estrema versatilità della tecnica la rende unica nel suo genere e quindi particolarmente adatta ad ogni tipo di utenza.
Artisti e ballerini nello specifico che trovano una distinta applicazione del metodo Pilates per la danza classica e moderna, sportivi ed atleti che vogliono migliorare la propria performance o che eseguono programmi di riabilitazione dopo eventi traumatici, adolescenti che correggono vizi posturali e che apprendono un corretto stile di vita grazie ad un programma variato e divertente, persone che trovano nel metodo Pilates il miglior modo di mantenersi in forma ed in salute, donne in gravidanza che preparano il loro corpo e la loro mente al parto e che divenute mamme vogliono riacquistare velocemente il tono muscolare ed il benessere fisico nonché recuperare la perduta funzionalità, persone anziane che vogliono ritrovare la giovinezza del corpo e l’elasticità della mente vivendo più serenamente la loro senilità. La pratica del metodo Pilates permette, inoltre, un'ottimale preparazione muscolare prima di un eventuale intervento chirurgico o può servire come efficace tecnica di riabilitazione, anche postoperatoria

3. I BENEFICI: Il metodo Pilates è in accordo con i principi della fisiologia e della biomeccanica. Infatti volendo analizzare solo una piccola parte dei benefici che un corretto utilizzo di tale metodica è in grado di dare vengono rilevati notevoli miglioramenti sia a livello meccanico che estetico e funzionale, nonchè psicologico.

TALI MIGLIORIE RIGUARDANO PRINCIPALMENTE:

· La flessibilità e l’estensione di del movimento in genere
· La coordinazione
· La forza la resistenza ed il tono muscolare
· La postura statica e dinamica
· Il controllo del centro del corpo ovvero de baricentro e, di conseguenza, dell’equilibrio
· La qualità della vita
· La capacità di adattamento e percezione
· L’autostima e la propriocezione (consapevolezze de proprio corpo nello spazio)
· La respirazione che diviene più efficace
· Il rapporto tra mente e corpo
· La concentrazione
· La qualità della vita

Non bisogna poi tralasciare il fatto che agendo sul tronco, e sulla colonna vertebrale in particolare, aiuta a prevenire i del rachide, e le algie sciatalgiche.
Scopo principale di J.H.Pilates era quello di rendere le persone consapevoli di sé stesse, del proprio corpo e della propria mente. In un certo senso cercò di fondere i migliori aspetti delle discipline fisiche occidentali con quelli delle discipline olistiche orientali.

4. I PRINCIPI: Per godere dei reali vantaggi di questo metodo è necessario familiarizzare con gli otto principi base ancor prima di affrontare gli esercizi proposti dal trainer durante una lezione (maggiormente esente da rischi, e sicuramente più proficua, se individuale).
  1. Concentrazione: concentrarsi su i giusti movimenti in modo da evitare di compierli in maniera errata, perdendo così ogni beneficio che da questi ne può derivare
  2. Respirazione: per respirare in maniera corretta bisogna eseguire le singole fasi (inspirazione ed espirazione) con particolare intensità, cioè completamente
  3. Ricerca del centro: una buona postura può essere acquistata con successo quando l’intero corpo è sotto controllo
  4. Controllo: “contrology” ha inizio con un completo controllo muscolare ad opera della nostra mente
  5. Precisione: eseguiti correttamente questi esercizi si traducono in grazia ed equilibrio inconsciamente nella vita di tutti i giorni
  6. Fluidità: armonia che contrology è in grado di dare a tutte le più comuni attività come camminare, lavorare, giocare
  7. Isolamento: è il concetto chiave secondo cui ogni singolo muscolo lavorando al meglio coopera allo sviluppo degli altri
  8. Ripetizione: acquisizione meccanica di un ritmo naturale ed ottimale del movimento.

Cosa da non trascurare assolutamente durante l’esecuzione di esercizi “Pilates” è la respirazione.
Gestire la nostra respirazione può apparire semplice, ma così non è in quanto essendo un’azione che compiamo incondizionatamente, risulta essere particolarmente difficoltoso adattarla a quelle che possono essere le nostre esigenze in quel particolare momento.
JHP preferiva adottare una respirazione completa e “laterale”, in quanto ciò dovrebbe garantire una migliore ossigenazione dei tessuti e non di meno una migliore coordinazione
Non è semplice imparare a respirare in questo modo ed ancor più difficile è renderlo meccanico, ma per riuscire a farlo bisogna cominciare ad esercitarsi:

Appoggiate le mani sulla parte bassa del torace (con le dita in contatto per le estremità), e provate ad inspirare immaginando di espandere il torace lateralmente, facendo attenzione a non sollevare le spalle, in modo tale da far si che le dita si separino per poi tornare a toccarsi espirando. A questo punto dovreste sentire un intervento sensibile della schiena nell’atto respiratorio.
Presa confidenza con questa tecnica provate a d eseguirla senza l’ausilio delle mani concentrandovi unicamente sull’espandere il torace lateralmente.

E’ importante comunque praticare questa disciplina (come tutte d'altronde) sempre dopo aver effettuato una visita medica accurata, il beneplacito medico è fondamentale, così come lo è farsi assistere e supervisionare da un trainer esperto e competente quando e se si dovesse necessitare di un lavoro specifico e particolarmente mirato.


Pubblicato su "Fresco di stampa" - http://www.frescodistampa.info

Gravidanza ed attività fisica

Gestazione e allenamento:

come “viverla al meglio” attraverso una corrette attività fisica – di Francesco Barbato

La gravidanza, per quanto possa essere un evento più che naturale (ed aggiungerei gratificante), comporta una serie di problemi sia fisiologici che funzionali. Con il progredire dello stato gravidico il primo scompenso che viene a crearsi è di tipo posturale.
Infatti ciò che viene via via accentuandosi è una spiccata iperlordosi della colonna vertebrale accompagnata da un incremento della cifosi dorsale dovuta all’aumento delle dimensioni del seno, elementi che comportano una traslazione (in avanti) del centro di gravità con una successiva alterazione a livello biomeccanico. A ciò si aggiungono poi diversi problemi articolari dovuti ad un eccessivo rilassamento legamentoso localizzato maggiormente a livello del cingolo pelvico ed all’aumento del peso.

A tal proposito è utile avere alcune nozioni di fisica e anatomia in relazione ad una zona particolarmente sollecitata quando si è in stato "interessante"

La cintura pelvica, nel suo insieme, trasmette gli sforzi agli arti inferiori il peso (P), che grava sulla quinta vertebra lombare si suddivide in due parti uguali verso le ali del sacro, poi, attraverso le spine ischiatiche, verso la cavità catiloidea. A questo livello giunge la resistenza del suolo al peso del corpo (R) trasmessa dal collo e dalla testa del femore; una parte di questa resistenza viene annullata dalla resistenza opposta livello della sinfisi pubica dopo aver attraversato la branca orizzontale del pube.
L’insieme di queste linee di forza forma un anello completo.
il sacro è incastrato tra le ali iliache nel piano trasversale. Ogni ala iliaca può essere considerata come un braccio dl leva in cui il punto di appoggio sarebbe situato a livello delle articolazioni sacro-iliache e la cui resistenza e potenza sarebbero situate alle estremità anteriori e posteriori. In dietro, i potenti legamenti sacro-iliaci (L1 ed L2) rappresenterebbero la resistenzae, davanti, la potenza di ciascuno dei bracci di leva sarebbe rappresentata dalla sinfisi pubica che realizza una forza di ravvicinamento (S1 ed S2).
Quando si ha una disgiunzione della sinfisi pubica la diastasi delle due ossa pubiche (S) permette l’allontanamento delle superfici iliache dalle articolazioni sacro-iliache e il sacro non essendo più sostenuto può spostarsi in avanti. Si comprende così la completa interdipendenza de differenti elementi dell’anello pelvico.

Aumento del peso che unito a un’espansione laterale della cassa toracica, un’elevazione del diaframma, un aumentato fabbisogno di O2 (ossigeno), una sensibilità maggiore alla CO2 (anidride carbonica), una compressione dell’addome dovuta alla dilatazione dell’utero con conseguente aumento della respirazione toracica (più superficiale) per una ancor più ridotta capacità contrattile del diaframma, è causa dell’aumento della frequenza respiratoria, motivo di insorgenza dello stato di affanno.
Modificazioni si notano anche dal punto di vista cardiovascolare. Aumento del volume di sangue (+ 30/50%) con conseguente insorgenza di affaticamento, dovuta al plus di lavoro che il muscolo cardiaco deve sopportare, ed all’ incremento della frequenza cardiaca a riposo. Si nota inoltre una riduzione della riserva cardiaca (capacità del cuore di contrarsi al di sopra delle normali necessità) dovuta alla maggior quantità di sangue che deve essere pompata, appunto, dal cuore
Inoltre nelle donne in gravidanza non è rara la possibilità di insorgenza di edema, ovvero di ritenzione idrica (causa principale della comparsa o dell’ aggravio di una certa quantità di tessuto connettivo attorno agli adipociti,in parole semplici, CELLULITE), causata sempre dall’aumento del volume di plasma, localizzata maggiormente a livello degli arti inferiori. L’esercizio fisico può essere d’aiuto nello stimolare il ritorno venoso al cuore, in più una corretta attività limita anche l’insorgere di vene varicose, un evento legato a questa condizione. In più recenti studi di settore hanno riscontrato una maggior tolleranza al parto stesso (meno dolore) in donne che avevano praticato una corretta attività fisica durante la gravidanza, sembra infatti che una maggior ossigenazione (dovuta appunto all’attività svolta) sia utile a sopportare meglio il carico di lavoro derivante dal travaglio.
Naturalmente l’attività fisica svolta deve essere pianificata tenendo presenti alcuni concetti che il trainer (che deve essere sempre presente e particolarmente attento) non può trascurare.

  1. Ipoglicemia, cioè un basso livello di glicogeno le cui riserve sono utilizzate più velocemente dalle gestanti. E’ importante fare un piccolo spuntino 2/3 ore prima della seduta di allenamento
  2. Ipertermia, ricordate che la condizione di stress derivante dall’aumento della temperatura corporea potrebbe causare malformazioni al feto. Tale equilibrio può essere mantenuto attraverso la variazione costante degli esercizi. Durante il primo mese di gravidanza (quando si va sviluppando il cordone spinale) la temperatura corporea non dovrebbe superare i 38° circa, è quindi importante misurare la temperatura corporea prima, durante, e dopo l’allenamento che va variato a seconda del caso. E’ comunque consigliato allenarsi in modo più che blando nelle prime 6 settimane di gravidanza mentre è assolutamente sconsigliato farlo in giornate eccessivamente calde, è importante, inoltre, inserire diverse pause all’interno della seduta di allenamento onde evitare eccessivi incrementi della temperatura.
  3. Durante la gravidanza la relaxina (un ormone) rende possibile una maggior escursione articolare al fine di permettere alle anche di allargarsi maggiormente per facilitare la crescita della regione addominale. Di conseguenza è da tener presente che le articolazioni non vanno assolutamente forzate e che un eventuale lavoro con i pesi deve essere eseguito con carichi relativamente bassi così evitando la possibilità che insorgano complicazioni articolari
  4. L'edema, cioè l’accumulo di liquidi nel corpo può localizzarsi anche al livello del polso tale da comprimere il nervo mediano con probabile insorgenza della sindrome del tunnel carpale. Di conseguenza vanno evitati quegli esercizi che comportano un carico su questa articolazione
  5. Ipotensione supina. Tale sindrome è associata a quegli esercizi eseguiti in decubito supina (maggiormente agli addominali quindi). La vena cava (che trasporta il sangue venoso al cuore e transita attraverso il lato destro dell’addome) può essere ostruita dalla pressione dell’utero quando, appunto, la gestante giace supina. I primi sintomi sono le vertigini, in questo caso l’allenamento può comunque continuare, basta far assumere al soggetto in questione una posizione in decubito laterale sinistro in modo da liberare la vena cava e farle eseguire tali esercizi su di una panca 30/40° o posizionandole un supporto dietro la schiena.
  6. La distasirectia, cioè la separazione dei muscoli addominali si verifica in una parte consistente delle donne in gravidanza (80% circa), la linea alba si divide per un eccessivo allungamento della parete addominale. In questo caso tali muscoli vanno allenati ma con qualche modifica ( ad esempio i crunches su panca 30°).
  7. La sinfisi pubica, cioè la parte cartilaginea che tiene unite le due faccette articolari dell’arco pubico, per l’eccessivo allungamento della parte interna alla coscia, può separarsi dando origine ad eventi anche molto dolorosi. E consigliabile evitare esercizi come l’abductor e l’adductor machine, lo step e tutti quegli esercizi che comportano un notevole impegno dei muscoli e delle articolazioni interessate
  8. Tensione ortostatica, cioè la sensazione di vertigine che si avverte quando ci si sposta troppo velocemente (ad esempio da seduta alla posizione eretta). E’ importante assicurarsi che tali movimenti vengano eseguiti con lentezza ed attenzione
  9. Durante la gravidanza è possibile che si debba convivere con la nausea, quindi è importante nutrirsi nel modo corretto e idratarsi abbondantemente per supplire al deficit nutrizionale ed idrico che il continuo “rigurgitare” può causare. Ricordate che una eccessiva disidratazione può comportare un parto prematuro.
  10. Le gestanti tendono a produrre una quantità minore di liquido sinoviale, quindi è utile un buon riscaldamento articolare (tipo le circonduzioni delle braccia, che contrastano anche l’eventuale verificarsi di un ipercifotismo).
  11. Evitare esercizi di tipo balistico onde scongiurare il verificarsi di lesioni articolari dato l’eccessivo lassismo legamentoso che tale condizione comporta
  12. Ĕ importante allungare e mobilizzare il tratto lombare prima e dopo l’allenamento
  13. Sono decisamente da evitare esercizi ad alto impatto sia per la precarietà della colonna vertebrale sia per l’eccessiva fragilità articolare (distorsioni ed affini non sono rare nelle gestanti)
  14. Evitare assolutamente esercizi, anche aerobici, di una certa intensità, vuoi per non affaticare il muscolo cardiaco già provato dalla condizione gravidica, vuoi per non sottrarre sangue e quindi nutrimento ed ossigeno al feto (qui c’è una disputa in atto, vi sono studi che dimostrano che l’intensità può raggiungere, senza alcun rischio, l’80% della fc – max ed altri che limitano tale intensità al 60/65%. Nel dubbio e meglio applicare criteri soggettivi e quindi adattarli ad ogni a seconda del caso ponendo la massima attenzione all’insorgere di affaticamento,utilizzando magari il vecchio e semplice test del parlare)
  15. Sono sconsigliati tutti gli esercizi che simulano la manovra di Valsalva (ad esempio esercizi isometrici ad alta intensità)
  16. Sono, inoltre, da evitare gli esercizi di equilibrio che nella gestante, data la sua condizione e la perdita dell’abituale centro di gravità, non è mai costante

Chiarito ciò vorrei ribadire l’importanza di una visita ginecologica accurata e di un’altrettanta accurata visita cardiologia (è importantissimo avere il nullaosta de medico specialista). E’ altrettanto necessario avere quante più informazioni possibili, riguardo la storia clinica personale e familiare, del soggetto al fine di poter individuare quelle che possono essere controindicazioni assolute (nel qual caso è da escludere ogni tipo di esercizio fisico) o controindicazioni relative (nel qual caso è possibile pianificare, con la collaborazione medica, un bilanciato programma di allenamento)

CONTROINDICAZIONI ASSOLUTE

  1. MALATTIE CORONARICHE
  2. ROTTURA DELLE MEMBRANE
  3. PLACENTA PERVIA
  4. GESTOSI GRAVIDICA
  5. INCONTINENZA DELLA CERVICE
  6. ANAMNESI DI ABORTI


CONTROINDICAZIONI RELATIVE

  1. ANEMIA
  2. IPERTENSIONE
  3. DISFUNZIONI TIROIDEE
  4. PRESENTAZIONE ANOMALA DEL FETO
  5. DIABETE
  6. PERDITE EMATICHE
  7. MAGREZZA ED OBESITA’ ECCESSIVA

Nella pratica, volendo iniziare un bilanciato programma di allenamento, io consiglio di cominciare con un allenamento cardiovascolare, monitorando la frequenza cardiaca (che, ribadisco, deve essere moderata) magari su di un tappeto mobile al fine di stimolare anche la circolazione, che diventerà sempre più lenta, attivando la pompa plantare (con una corretta deambulazione) e così stimolando un più facile ritorno venoso al cuore e migliorando in tal modo anche la circolazione periferica globale.
Assimilati i concetti base e verificati gli effettivi benefici dell’allenamento proposto direi di cambiare attrezzo e di passare ad una cyclette orizzontale (sempre monitorando la fc) ottenendo anche un lavoro linfodrenante, grazie alla posizione che permette una maggior apertura delle vie linfatiche inguinali, ed un più facile ritorno venoso verso il cuore rispetto ad una cyclette verticale.
In un momento successivo è possibile inserire esercizi utilizzando piccoli pesi ma solo al fine di preservare forza e resistenza evitando che si riducano quando diventano indispensabili e se ne richiede una certa, ed importante, quantità (il lavoro fisico della mamma, per chi non lo sapesse, è molto duro e particolarmente impegnativo).
Non è inoltre da trascurare la possibilità di pianificare un programma in acqua e beneficiare quindi del “massaggio ottenuto” senza trascurare che comunque il lavoro in questione ha un un’intensità mediamente bassa (considerato i limiti di carico allenante di cui bisogna tener conto) e quindi adatta all’utente in questione. L’esperienza mi ha dimostrato che è utile, e anche possibile, procedere con un allenamento basato sulla metodica J.H.Pilates, naturalmente evitando di assumere particolari posizioni, di eseguire esercizi isometrici o che richiedano un certo carico articolare. Tutte condizioni di cui abbiamo già, precedentemente, discusso e di cui deve essere il Trainer ad occuparsi

E’ utile sapere che è possibile ricominciare ad allenarsi già dopo circa 8 settimane in quanto dalla sesta settimana i cambiamenti muscolari cardiaci e vascolari regrediscono dando, così, modo all’organismo di ripristinare la situazione precedente la gravidanza quasi in toto.
E’ comunque consigliabile ricominciare con allenamenti dall’intensità moderata onde evitare l’insorgere di ogni tipo di complicazione (dalle quali non si è ancora del tutto al sicuro). Quindi occhi aperti, attenzione alla colonna ed alle articolazioni in generale.
Oltretutto in questa fese è molto importante non trascurare una componente indispensabile: quella psicologica.
Compito del Trainer è, oltre proporre un valido e bilanciato, nonché sicuro, programma, quello di non illudere la persona interessata ma aiutarla ad accettare il fatto che sarà comunque molto difficile recuperare lo status quo preparto (difficile ma non impossibile, infatti non sono tanto rari i casi in cui non solo si recupera al pieno lo stato di forma fisica antecedente la gravidanza ma addirittura lo si supera), onere dell’utente (che adesso potremmo definire atleta) è quello di accettarsi per ciò che si è ed essere coscienti dei naturali cambiamenti a cui il “nostro” organismo è soggetto, soprattutto in questi casi.

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Combattere l'ipertensione arteriosa

Linee guida per una corretta attività motoria – di Francesco Barbato


1. La patologia: Per pressione arteriosa si intende quella del sangue che scorre all'interno delle arterie (formate da: 3 tuniche, 1 strato sottoendoteliale, 2 membrane elastiche - vedi fig.), a sua volta determinata da molti fattori (volume del sangue, gittata del cuore, resistenza del vaso, etc.). L'ipertensione arteriosa è una tra le malattie più diffuse nei paesi industrializzati dove si riscontra nel 20% della popolazione adulta (vedi legge di W & B). La pressione che il sangue esercita nelle arterie varia notevolmente, in rapporto all'età, alla costituzione fisica, allo stato emotivo, ed in particolar modo allo stile di vita. Normalmente si usano due numeri per esprimere il valore pressorio: uno per indicare la pressione ''minima o diastolica'' (che corrisponde alla pressione esistente nelle arterie nel momento in cui il cuore si rilassa dopo una contrazione “diastole”) e uno per indicare la pressione "massima o sistolica" (che esprime invece il valore della pressione esistente nelle arterie nel momento in cui il cuore si contrae “sistole”).

Una persona è ipertesa quando la pressione arteriosa minima, misurata nel braccio, a riposo e in diverse occasioni, supera costantemente il valore di 90 mmHg per la minima e per la massima il valore di 140 mmHg (dove mmHg = mm di mercurio).
La misurazione viene presa sull’arteria brachiale all’altezza del cuore dopo aver fatto sedere il soggetto per qualche minuto in un luogo tranquillo. E’ utile prenderla prima, durante, e dopo l’allenamento anche in persone mediamente ipertese.

Come vanno interpretati i valori ottenuti? Come classifichiamo la pressione arteriosa?

Pressione ottimale
massima inferiore a 120 mmHg, minima inferiore a 80 mmHg
Pressione normale
massima inferiore a 130 mmHg, minima inferiore a 85 mmHg
Pressione alta normale
massima da 130 a 139 mmHg, minima tra 85 e 89 mmHg
Ipertensione lieve
massima da 140 a 159 mmHg, minima tra 90 e 99 mmHg
Ipertensione moderata
massima da 160 a 179 mmHg, minima tra 100 e 109 mmHg
Ipertensione grave
massima uguale o superiore 180 mmHg, minima uguale o superiore a 110 mmHg

Dopo i 60 anni si accettano come normali valori leggermente più alti, proprio perchè c'è una naturale tendenza ad un aumento della pressione con l'età. Nella maggior parte dei casi la causa dell'ipertensione non è nota, pertanto non è nemmeno possibile trovare una cura definitiva. Al riguardo risulta possibile ed efficace agire unicamente sullo stile di vita eliminando quelle che sono considerate “cattive abitudini” ed introducendone di “sane” come una corretta e monitorate attività fisica. In alcuni casi invece (circa il 5% del totale) è possibile individuare e rimuovere la causa dell'ipertensione (es. malattie renali, endocrine, vascolari, pillola anticoncezionale e altri farmaci, come i decongestionanti nasali usati in modo inappropriato).

2. Come si manifesta: La pericolosità di questa condizione si evince da fatto che spesso non ci si accorge di essere ipertesi. Circa la metà delle persone ipertese non sanno di esserlo ed è perciò importante misurare almeno una volta all'anno la pressione del sangue per scoprire eventuali stati di ipertensione. In certi (“fortunati”) casi un aumento della pressione può provocare qualche disturbo, come mal di testa, vertigini, ronzii all'orecchio, affanno, disturbi alla vista o sanguinamento del naso. In questi casi è necessario effettuare una visita medica possibilmente presso uno specialista.

3. I rischi: I danni che possono conseguire ad una elevata pressione arteriosa sono seri e consistono in:

- Malattie vascolari
- Danni al cuore (insufficienza cardiaca, infarto)
- Danni ai reni (insufficienza renale)
- Danni al cervello (ictus)
- Danni agli occhi (emorragie, retinite ecc.)

I danni possono comparire dopo parecchi anni dall'inizio della malattia e sono favoriti da altri fattori di rischio come:

- Diabete
- Abitudine del fumo
- Obesità
- Eccessivo tasso di colesterolo
- Sedentarietà

Nella donna è particolarmente importante, durante la gravidanza, controllare regolarmente la pressione del sangue.

4. I rimedi: La prima forma di trattamento dell'ipertensione consiste in alcune modificazioni dell'alimentazione e dello stile di vita (quindi una corretta attività motoria).
Al riguardo è interessante notare che in alcune popolazioni non industrializzate con abitudini di vita e alimentari molto diverse dalle nostre (bassissimo consumo di sale, attività fisica intensa, etc.) l'ipertensione è pressochè inesistente, ed inoltre la pressione arteriosa non aumenta con l'avanzare dell'età.

In particolare è necessario che il trainer consigli di:

Ridurre l'ingestione di sale; poichè gli alimenti totalmente insipidi non sono graditi è bene ridurre gradualmente la quantità di sale impiegata in modo da abituarsi al nuovo sapore dei cibi; vanno ovviamente evitati tutti i cibi ricchi in sale come i salumi e, in generale, gli alimenti conservati; evitare anche grissini, fette biscottate, crackers, pizza, scegliere tipi di pane con scarso contenuto di sale. Adottare, insomma, una dieta iposodica
Ridurre la quantità di calorie introdotte quotidianamente, quindi mangiare meno cibi ad alto contenuto energetico come i dolci, i grassi (in particolar modo quelli saturi) e le bevande alcoliche
Sostituire i grassi di origine animale, come burro o lardo, con oli vegetali che sono meno dannosi per l'organismo; evitare alimenti ricchi in colesterolo, come formaggio, uova, carne grassa
Limitare il quantitativo di bevande alcoliche (non piu di 1/2 litro di vino al giorno) e non esagerare nel consumo di caffè
Abolire il fumo o, come minimo, ridurlo il più possibile perchè, come si è detto in precedenza, aumenta i rischi dell'ipertensione e può favorire improvvisi aumenti della pressione
E’ bene limitare, nei limiti del possibile, occasioni di tensione o di ansia eccessivi, cercando momenti di rilassamento psicofisico (es. svolgendo una attività fisica che non richieda sforzi troppo intensi)
Una terapia con farmaci antiipertensivi deve essere prescritta dal medico che sceglierà, caso per caso, la cura piu idonea; è indispensabile che una persona con la pressione alta comprenda l'importanza di assumere regolarmente i farmaci che gli sono stati prescritti; in alcuni casi possono comparire effetti indesiderati quali: stanchezza, sonnolenza, secchezza della bocca, modificazioni dell'umore, tosse stizzosa; sarà bene allora segnalarli al proprio medico per ricevere consigli più appropriati
In riferimento all’ultima nota sopraesposta è necessario rivolgersi ad un medico specialista periodicamente per una visita medica in modo da seguire nel tempo gli effetti della terapia antiipertensiva, ed urgentemente qualora compaiono disturbi come dolore al petto, violento mal di testa, difficoltà di respiro.

5. Indicazioni e metodica: Ormai è dimostrato che la forma fisica è inversamente proporzionale ai livelli di pressione arteriosa. Ciò significa che una persona dinamica ha un minor rischio di sviluppare tale patologia, o di aggravarla, rispetto ad una persona sedentaria. Tale rischio aumenta già in giovane età se il bambino non viene avviato alla pratica di una regolare attività fisica e controllato nelle scelte dietetiche. Lo svolgimento di attività motorie quotidiane di media intensità, oltre ad avere un'efficacia preventiva ha anche un'importantissima funzione terapeutica. L'utilità dell'attività fisica sulla riduzione pressoria in soggetti ipertesi in modo lieve o moderato è da tempo oggetto di numerosi studi. La ricerca ha dimostrato che un esercizio fisico regolare è in grado di ridurre i livelli di pressione a riposo in maniera significativa.
Riduzione media della pressione arteriosa indotta da regolare esercizio fisico in soggetti con ipertensione arteriosa lieve o moderata


RIDUZIONE PRESSIONE ARTERIOSA SISTOLICA
8-10 mmHg

RIDUZIONE PRESSIONE ARTERIOSA DIASTOLICA
7-8 mmHg

I dati riportati in tabella testimoniano come l'esercizio fisico diminuisca fino a circa il 50% il rischio di danni cardiovascolari e cerebrali da pressione eccessiva. La ginnastica ha anche un effetto ipotensivo a breve termine. In particolare, dopo aver eseguito un esercizio di tipo aerobico di 30-40 minuti, la pressione rimane più bassa (<>

Componente aerobica

Svolta a media intensità (40-70% del
VO2max). E’ utile l’uso di un cardiofrequenzimetro

Frequenza

Per essere realmente efficace tale attività va ripetuta per almeno tre volte alla settimana, anche se il maggior beneficio lo si ottiene con cinque sedute settimanali nonostante, però, la differenza in termini di calo presso rio non è particolarmente significativa. E’ da notare però che in questo caso migliorano, invece, i risultati riguardo la riduzione del peso e l’efficacia del sistema cardiovascolare

Durata

L’attività deve protarsi per almeno 20-30 minuti, possibilmente senza interruzioni. Anche in questo caso i risultati migliori si ottengono con un maggiore impegno (40-50 minuti). Mentre calano considerevolmente gli effetti positivi al di sotto dei 20 minuti
Fino a qualche anno fa le attività a forte componente muscolare venivano controindicate al soggetto iperteso. Durante la contrazione muscolare si verifica una parziale occlusione dei vasi sanguigni. Il conseguente aumento delle resistenze periferiche richiede un maggior lavoro da parte del cuore. In aggiunta se durante l'esecuzione si trattiene istintivamente il respiro, la pressione intratoracica aumenta ed il cuore è costretto a contrarsi contro ulteriori resistenze. Di conseguenza la pressione arteriosa sistolica aumenta bruscamente fino a raggiungere valori di 300 mmHg contro i normali 120 mmHg. Questo brusco innalzamento di pressione è potenzialmente pericoloso per cardiopatici, ipertesi e diabetici. Chi soffre di pressione alta dovrebbe quindi limitarsi alla pratica di esercizi ad elevata componente aerobica. Al momento le nuove linee guida hanno ridato importanza agli esercizi di “muscolazione” (svolti con l'ausilio o meno di sovraccarichi, che richiedono un significativo impegno muscolare) che hanno dimostrato avere una elevata utilità se abbinati a un programma cardiovascolare.
Affinché questa pratica fisica sia utile e priva di rischi è utile sapere che:

  1. Il n° delle ripetizioni per esercizio deve essere alquanto elevato (20-25)
  2. Il carico di lavoro deve essere moderato (40-60% del massimale stimato)
  3. La respirazione va particolarmente curata (espirando durante la fase concentrica dell’esercizio, ed espirando durante la fase eccentrica, evitando esercizi isometrici di media ed alta intensità

Se l'esercizio fisico rispetta le indicazioni riportate fino a questo momento normalmente non esiste alcuna controindicazione alla sua pratica.

Gli elevati valori di pressione sistolica raggiunti durante le attività di potenza che, di norma , richiedono l’ausilio di carichi relativamente importanti, rendono tali discipline potenzialmente dannose per il soggetto iperteso. L’eccessivo aumento pressorio potrebbe infatti aggravare il danno organico. Ma la ricerca ha oggi riscontrato l’utilità di tali pratiche a fini terapeutici se eseguite nel rispetto delle modalità sopraesposte

Ribadisco che l'idoneità alla pratica sportiva viene data se la pressione di base non supera i 140-90 mmHg. In caso contrario dovrà essere il medico specialista, dopo aver eseguito i test del caso, come il monitoraggio della pressione sotto sforzo (in questi casi i valori massimali accettati sono 230-100 mmHg) e il monitoraggio sulle 24 ore, ed aver riscontrato l’assenza di danni d’organo come disturbi di tipo retinico o un’ipertrofia esagerata del cuore con relativa disfunzione sistolica o diastolica, a dare il nulla osta alla pratica fisica.

6. L’ipertensione polmonare: Per ipertensione polmonare si intende un aumento della pressione nel circolo polmonare. La circolazione polmonare ha come funzione quella di consentire l’ossigenazione del sangue venoso.Il sangue proveniente da tutti gli altri organi raggiunge la parte destra del cuore e da qui viene pompato attraverso il circolo polmonare per permettere gli scambi gassosi al livello della componente aerea del polmone (alveoli).
Per consentire che questi scambi avvengano in modo efficiente la superficie di contatto tra i piccoli vasi polmonari (capillari) e gli alveoli e’ molto ampia (circa 70m.q,le dimensiono di un piccolo appartamento!),ed e’ questo il motivo per cui la pressione nel circolo polmonare e’ circa otto volte piu’ bassa rispetto alla circolazione sistemica (che porta il sangue a tutti gli altri organi:cervello,muscoli,pelle,reni,intestino).
Le malattie respiratorie possono causare un aumento della pressione polmonare,ma le forme piu’ severe di ipertensione polmonare sono provocate da malattie che colpiscono direttamente il sistema vascolare polmonare (embolie polmonari ripetute,l’ipertensione polmonare primitiva e le forme “associate” a malattie come la sclerodermia,le cardiopatie congenite,infezioni da HIV,malattie del fegato). In queste malattie i vasi polmonari sono in gran parte ostruiti per un ispessimento della parete e per la coagulazione del sangue al loro interno,causando una severa riduzione dell’albero vascolare polmonare (effetto potatura, vedi figura 1) e un enorme aumento della resistenza al flusso di sangue.

Spesso la pressione in arteria polmonare puo’ aumentare di 3-4 volte rispetto i valori normali.In questa situazione la parte destra del cuore si adatta con difficolta’ all’aumentato carico lavorativo,tende a dilatarsi e puo’ non essere in grado di pompare una adeguata quantita’ di sangue nel circolo polmonare.I sintomi sono aspecifici,e frequentemente la diagnosi viene fatta tardivamente quando il paziente e’ fortemente limitato nelle sue attivita’ quotidiane.I pazienti lamentano difficolta’ respiratorie (affanno per sforzi lievi e talvolta a riposo),stanchezza,ritenzione di liquidi (gonfiore alle caviglie),pesantezza all’addome (gonfiore del fegato,accumulo di liquido nell’addome).Sino a qualche hanno fa l’unica terapia era costituita dai calcioantagonisti (un tipo di vasodilatatori) ma l’efficacia e’ limitata solo ad una piccola percentuale di soggetti (20-25%).L’unica speranza per gli altri soggetti era il trapianto polmonare o cuore-polmone sino all’introduzione nella pratica clinica dell’epoprostenolo.Questo farmaco e’ un analogo della prostaciclina che e’ una sostanza prodotta dalle cellule che rivestono i vasi (endotelio) con una azione vasodilatratrice e di protezione del circolo. Attualmente sono in corso numerosi studi clinici in Europa e in America per valutare l’efficacia di una corretta attività fisica. Dato il miglioramento apportato al sistema cardiorespiratorio da una corretta e costante attività fisica, i ricercatori hanno costatato un netto miglioramento della qualità della vita nei soggetti a campione studiati.

Ipertensione polmonare:

Riguarda la piccola circolazione (polmonare)

Come sintomi principali presenta:

  1. Tosse
  2. Sangue nell’espettorato
  3. Affanno
  4. Edema alle gambe (in una fase già di particolare gravità)

6. Conclusioni: E’ stato calcolato, dall’ OMS (organizzazione mondiale della sanità) che ogni anno sono 16,7 i milioni di decessi provocati dalle motralità cardiovascolari: 7,2 milioni dovuti alla malattia coronarica, 5,5 milioni a quelle cerebrovascolari e circa quattro milioni a quella ipertensiva. Sempre secondo le fonti dell’OMS, ogni anno nel mondo 20 milioni di persone sopravvivono ad un evento cardiaco acuto o ad un ictus, divenendo portatori di cardiopatia o cerebropatia cronica. A ciò, contrariamente a quanto si crede, non fanno eccezione le donne, in quanto recenti studi condotti dalla University of Southern California in collaborazione col la California University of Los Angeles hanno evidenziato che circa dai 60 anni di età i rischi cardiovascolari ed ipertensivi sono uguali per entrambi i sessi, anche se, comunque, nei decenni precedenti permane una maggior resistenza a queste patologie da parte del gentil sesso. Per tale ragione, l’esercizio fisico si propone come mezzo preventivo e terapeutico fisiologico, efficace ed a basso costo. Esistono evidenze che l’attività e la buona forma fisica siano in grado di ridurre la morbilità e la mortalità per almeno sei condizioni patologiche di tipo cronico:

  • la patologia coronarica
  • l’ipertensione
  • l’obesità
  • il diabete
  • l’osteoporosi
  • i disturbi mentali

Studi di coorte mostrano che le persone fisicamente inattive hanno un rischio aumentato del 35-52 % di sviluppare una forma di ipertensione rispetto a quelli che praticano esercizio fisico, indipendentemente dagli altri fattori di rischio per l’ipertensione stessa. In una vasta coorte si è notata una relazione inversa tra l’incremento dell’esercizio fisico ed i valori della pressione arteriosa. A tutt’oggi, gli studi suggeriscono che determinati sottogruppi di soggetti (per esempio, le donne e le persone con valori di pressione diastolica aumentati) possano essere maggiormente responsivi agli effetti dell’attività fisica sulla riduzione della pressione arteriosa rispetto ad altri. Un effetto positivo sulla pressione arteriosa si evidenzia tra i 15 e gli 80 anni in gruppi sociali differenti. Un meccanismo possibile, atto alla diminuzione pressoria, è, inoltre, l’attenuazione dell’alta attività nervosa simpatica, da parte dell’iperinsulinemia (condizione patologica per cui le isole di Langerhans producono e immettono nella circolazione sanguigna una quantità eccesiva di insulina), tramite gli effetti dell’esercizio fisico. E’ naturale che nel caso in cui l’allievo in questione, presentatosi in palestra, presenti un livello pressorio che vada oltre i limiti indicati, è da rimandare a casa, o comunque lasciato tranquillo in una stanza per qualche minuto al fine di riesaminarlo nuovamente per poi valutarne lo stato e procedere con la seduta nell’ipotesi che la pressione arteriosa sia diminuita. E’, inoltre, superfluo ribadire che un lavoro del genere va eseguito sotto il costante controllo medico. La sinergia trainer-medico è fondamentale al fine di proporre un programma bilanciato, ma soprattutto sicuro, dato che il trainer non deve mai accollarsi responsabilità che non gli competono. Unicamente il medico può stabilire l’eventuale terapia del caso, anche quando questa si esaurisca in semplice attività fisica. L’American College of Sports Medicine ed i Centers for Disease Control and Prevention raccomandano che ciascun soggetto adulto faccia almeno 30 minuti di attività fisica di moderata intensità per più giorni la settimana (preferibilmente tutti). Inoltre in riguardo alla dieta da seguire, questi istituti consigliano che:

Il consumo di sodio deve essere inferiore a 100 mmol (6 g/die) e quello di potassio superiore a 80 mmol (2 g/die). Questo è possibile aumentando l’assunzione di frutta e vegetali e, a livello minore, di legumi e noci.

Il consumo di grassi saturi deve essere inferiore al 10 per cento del totale con un aumento dei grassi monoinsaturi. Il pesce dovrebbe essere consumato almeno due volte alla settimana.

Il consumo di alcol deve essere evitato nei pazienti ipertesi e l’assunzione quotidiana di etanolo non dovrebbe essere superiore a 24 g negli uomini e a 12 g nelle donne.
La terapia farmacologica si associa solo quando il controllo del peso corporeo e la dieta non siano in grado di normalizzare i valori pressori; tuttavia, una sana alimentazione e un’attività fisica quotidiana non devono mai essere trascurate per raggiungere e mantenere un ottimale benessere mentale e fisico.

7. Curiosità: Il caffè è sempre stato off-limits per questi soggetti, ma una ricerca, condotta di recente, ha fatto sorridere gli amanti della “tazzina”, ridimensionandone i rischi. I risultati di questo studio dal nome “Consumo di Caffè e Rischio di Cardiopatia Ischemica” condotto dalla SINU (Società Italiana di Nutrizione Umana) e eseguito accuratamente su 13 studi caso-controllo e su 10 studi di coorte, per un totale di oltre 440.000 soggetti esaminati, parlano chiaro: riferendosi a un consumo di caffè in tazze (ovvero una quantità da caffè all’americana), con un consumo minore o uguale a 2 tazze di caffè (pari a circa 3-4 tazzine di espresso bar o 3 tazzine se preparato con la moka) non emerge alcuna associazione significativa fra consumo di caffè e rischio di cardiopatia ischemica. In poche parole 3-4 caffè al giorno non causerebbero ipertensione né cardiopatia ischemica e, anzi, i composti fenolici contenuti nel caffè potrebbero avere un ruolo preventivo verso le malattie bcardiovascolari. Inoltre dalla ricerca emerge anche che il sistema cardiovascolare è in grado di sviluppare tolleranza agli effetti della caffeina: premesso che ingerire circa 200-250 mg di caffeina può aumentare, entro breve tempo dall'assunzione, la pressione arteriosa sistolica di 3-14 mmHg e la pressione arteriosa diastolica di 4-13 mmHg nel soggetto normoteso, è bene ricordare che la caffeina è contenuta in numerose bevande e la loro assunzione, soprattutto nei consumatori occasionali, può aumentare i valori della pressione arteriosa, la frequenza cardiaca e attivare il sistema simpatico. Si è notato tuttavia che se la caffeina viene ingerita attraverso il caffè, l’effetto sulla pressione risulta molto più modesto e a volte accompagnato dallo sviluppo di una condizione di tolleranza. Il consumo abituale di caffè non sembra quindi associato a un incremento del rischio di comparsa di ipertensione arteriosa. Non è tutto: il caffè contiene numerose molecole ad attività protettiva tra cui i composti fenolici che sono biodisponibili, hanno un’elevata attività antiossidante, sono in grado di inibire l’ossidazione delle LDL (Low Density Lipoprotein) e l’aggregazione piastrinica (fattori determinanti nell’insorgenza della cardiopatia ischemica). Attraverso il consumo di caffè, il loro contributo antiossidante nella dieta giornaliera è fino al 40-60%.
Una precisazione importante: nell’implicazione del possibile rischio cardiovascolare il metodo di preparazione del caffè può influire sugli effetti sulla salute: il caffè espresso influenza la pressione arteriosa meno di quello bollito (alla Turca). E l’influenza sul possibile rialzo pressorio deve essere valutata anche su altre abitudini voluttuarie (fumo e alcol) che modulano sia le caratteristiche farmacocinetiche della caffeina ma anche, negativamente, il rischio cardiovascolare sia dei normotesi che degli ipertesi. E un aiuto arriva anche dal mondo dei prodotti funzionali: è a disposizione anche in Italia un nuovo
latte fermentato ricco di peptidi bioattivi, sostanze naturali che possono favorire il controllo dell'ipertensione.
Gli studi finora disponibili sul consumo di questo latte mostrano che può contribuire a ridurre i
valori pressori se assunto con regolarità, per almeno 15 giorni, nel quantitativo di 65 ml al giorno, in un regime dietetico adeguato. Questo prodotto, come gli altri alimenti funzionali, 'completa' la dieta dell'iperteso, che deve seguire regole precise.

Pubblicato su "LA PALESTRA" - http://www.lapalestra.net/

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